Cassazione – Sentenza 19 settembre 2012, n. 15700 Lavoro subordinato – Estinzione del rapporto – Licenziamento disciplinare – Dirigente – Garanzie procedimentali – Necessità – Sussiste.

Svolgimento del processo
Con ricorso del 2/12/99 la S. srl propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Pretore del lavoro di Roma col quale E.V. le aveva intimato il pagamento della somma di lire 43.499.903 a titolo di mancato pagamento delle retribuzioni, dell’indennità per ferie e del trattamento di fine rapporto.
Tale procedimento fu riunito a quello promosso dall’E. avente ad oggetto, l’impugnativa del licenziamento intimatogli il 25/5/99 per motivi disciplinari ossia dalla S. srl, nel quale il lavoratore aveva chiesto la condanna di quest’ultima in solido con altre imprese. L’adito Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, rigettò sia l’opposizione a decreto ingiuntivo della S. srl che la domanda di reintegra dell’E..
A seguito di gravame proposto dall’E., la Corte d’appello di Roma – sezione lavoro, con sentenza del 22/4/08 – 19/10/09 ha accolto l’impugnazione per quanto di ragione, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento ed ha condannato la S. srl alla riassunzione dell’appellante o, in mancanza, al ristoro del danno pari a quattro mensilità della retribuzione globale di fatto, aumentata degli accessori di legge.
La Corte territoriale ha ravvisato l’illegittimità del licenziamento nel fatto che era stata omessa la previa contestazione dell’addebito, atto necessario fin quanto non era stato provato dalla società che l’E. svolgesse realmente mansioni dirigenziali, la qual cosa l’avrebbe esonerata dall’osservanza delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 della legge n. 300/70. La stessa Corte ha invece, escluso l’applicazione in favore del lavoratore della tutela reale, ritenendo che questi non aveva provato il collegamento economico-funzionale tra le imprese convenute, collegamento dal medesimo dedotto ai fini della individuazione di un unico centro di imputazione atto a far ravvisare la sussistenza del requisito individuazione di un unico centro di imputazione atto a far ravvisare la sussistenza del requisito dimensionale, indispensabile per la fruizione della tutela di cui all’art. 18 della legge n. 300/70.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso V. E., il quale affida l’impugnazione a tre motivi di censura.
Resiste con controricorso la S. srl che, a sua volta, propone ricorso incidentale affidato a due motivi di censura, al cui accoglimento si oppone il lavoratore. Il ricorrente principale deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione dei procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
1. Col primo motivo del ricorso principale viene denunziata la nullità della sentenza di secondo grado ai sensi dell’art. 112 e 116 c.p.c., nonché l’omessa pronuncia con riferimento all’art. 360, n. 4 cpc.
Sostiene l’E. che nell’atto d’appello, nel chiedere la condanna in solido delle società “S.”, “I.” e “S.” oppure, in alternativa, di quella, tra esse, che sarebbe stata ritenuta la sua effettiva datrice di lavoro, aveva ribadito che la S. aveva occupato più di quindici dipendenti; che tale circostanza non era stata mai contestata dalla società ed era stata provata anche attraverso il deposito, in primo grado, di una visura della camera di commercio, per cui la Corte territoriale era incorsa nel vizio di omessa pronunzia in merito alla domanda proposta nei termini sopra esposti. Il motivo è infondato.
Invero, la difesa della società S. s.r.l., richiamando il contenuto delle conclusioni degli atti introduttivi di entrambi i gradi del giudizio, ha correttamente eccepito che solo con l’atto d’appello l’E. aveva proposto la domanda di accertamento della illegittimità del licenziamento e della conseguente reintegra in modo differente dal primo grado, nel senso che attraverso l’interposto gravame aveva per la prima volta chiesto la condanna alla reintegra o nei confronti delle predette società in solido tra loro o nei confronti di almeno una delle convenute, qualora ne fosse stata accertata la qualità di effettiva datrice di lavoro, per cui tale nuova domanda era da considerare inammissibile. Pertanto, secondo la difesa della S. s.r.l. bene aveva fatto il giudice del gravame a delimitare l’esame della questione alla domanda cosi come proposta in primo grado.
Pertanto, atteso che solo con l’atto d’appello la domanda è stata formulata per la prima volta nei confronti delle suddette società in solido tra loro o, in via alternativa, nei riguardi di una soltanto di esse, non è configurante l’omessa pronunzia in merito ad una domanda nuova, come tale inammissibile.
2. Col secondo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all’art. 360 cpc, nn. 3 e 5. Si rileva, in particolare, che la società S. s.r.l non aveva mai contestato il fatto che occupava più di quindici dipendenti, per cui si deduce che il giudicante avrebbe dovuto ritenere come acquisito il dato della applicabilità nella fattispecie del regime di tutela reale.
3. Col terzo motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 167 cpc. e 416 c.p.c, nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Si sostiene che era pacifico che innanzi al giudice di secondo grado era stata reiterata la richiesta di applicazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori e che era, altresì, vero che la S. s.r.l. non aveva mai contestato il limite numerico dei dipendenti risultante dalla visura del documento della camera di commercio, così come evincibile dall’esame della comparsa di costituzione in appello della stessa società.
1.a. Col primo motivo del ricorso incidentale la difesa della S. s.r.l denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c.
Sostiene la società che il giudice d’appello, nel ritenere che non era stato dimostrato lo svolgimento di mansioni dirigenziali da parte dell’E. e che la datrice di lavoro non era, pertanto, esonerata dall’osservanza delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 dello statuto dei lavoratori, aveva finito per perdere di vista il dato fondamentale rappresentato dal fatto che, nell’avanzare le proprie pretese economiche con la richiesta di emissione di decreto ingiuntivo, il dipendente aveva affermato di aver svolto mansioni dirigenziali, per cui, considerato che il decreto ingiuntivo opposto era stato confermato, era da ritenere che in ordine alla natura dirigenziale del rapporto si era formato il giudicato interno.
2.a. Col secondo motivo del ricorso incidentale si denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., sostenendosi che la Corte d’appello non ha esaminato quanto dedotto in ordine all’ammissione della natura dirigenziale del rapporto in questione, così come contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo.
Tutti i motivi testé sintetizzati debbono essere rigettati, correggendo la motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384, quarto comma, cod. proc civ. Con sentenza n. 427 del 1989 la Corte costituzionale ha affermato l’applicabilità delle garanzie procedimentali previste dall’art. 7 I. n. 300 del 1970 anche al licenziamento disciplinare dei dirigenti.
A costoro peraltro in caso di licenziamento illegittimo non spetta la tutela reale (art. 10 I. n. 604 del 1966 e 18, primo comma, I. n. 300 del 1970), salvo che il contratto di lavoro, collettivo o individuale, non l’abbia espressamente prevista (Cass. 21 novembre 2007 n. 24246), caso, questo, neppure prospettato dal ricorrente principale.
In definitiva entrambi i ricorsi vanno respinti.
La reciproca soccombenza delle parti induce a far ritenere interamente compensate tra le stesse le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese.