Cassazione – Sentenza 8 aprile 2015, n. 7008: proporzionalità delle sanzioni disciplinari conservative

Ai fini della valutazione della proporzionalità di una sanzione disciplinare conservativa non è necessaria la previsione, nella contrattazione collettiva o nel codice disciplinare, della gravità dei fatti addebitati, essendo tale verifica, in assenza di allegazione circa la predisposizione di un codice disciplinare ovvero di una previsione nel contratto collettivo, rimessa alla valutazione del giudice del merito.
La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale di Roma, dichiarava la legittimità della sanzione disciplinare conservativa irrogata da una società ad un dipendente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

– La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale di Roma, dichiarava la legittimita’ della sanzione disciplinare conservativa irrogata dalla societa’ (OMISSIS) al dipendente (OMISSIS).

A base del decisum la Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, poneva il rilievo secondo il quale i fatti addebitati al lavoratore trovavano riscontro nella espletata istruttoria e la sanzione inflitta risultava proporzionata in relazione alla pluralita’ degli addebiti ed alla loro oggettiva gravita’.

Avverso questa sentenza (OMISSIS) ricorre in cassazione articolando cinque motivi,illustrati da memoria.

La societa’ intimata resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, sostiene che la Corte del merito ha omesso qualsiasi valutazione in ordine all’addebito relativo alla mancata esecuzione dell’incarico di delimitare con i “defeco” la corsia di emergenza.

Con la seconda critica il (OMISSIS), denunciando violazione dell’articolo 2697 c.c. nonche’ vizio di motivazione, assume che non vi e’ alcun riferimento alla contrattazione collettiva ovvero al codice disciplinare per poter assumere la gravita’ dei fatti addebitati sicche’ il mero riferimento, nella sentenza impugnata, alla pluralita’ degli addebiti ed alla loro oggettiva gravita’ rileva l’arbitrarieta’ del dietim sul punto della decisione della Corte d’Appello.

Con la terza censura il ricorrente, asserendo violazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c., comma 1 nonche’ vizio di motivazione, ribadisce che gli operai in servizio di manutenzione non possono svolgere attivita’ di viabilita’.

Con il quarto motivo il (OMISSIS), prospettando violazione degli articoli 2702 e 2697 c.c. nonche’ articolo 215 c.p.c., assume che la Corte territoriale erroneamente non ha dato rilievo al foglio di turnazione e non ha tenuto conto che lo stesso non e’ stato disconosciuto con querela di falso.

Con la quinta censura il ricorrente, allegando nullita’ della sentenza, rileva che essendovi contrasto tra dispositivo e motivazione la sentenza e’ nulla perche’ rigettandosi nel dispositivo la domanda di esso ricorrente evidentemente la Corte del merito non si e’ resa conto che la domanda e’ stata proposta dalla societa’.

Rileva il Collegio che va esaminata pregiudizialmente tale ultima censura che risulta infondata.

Infatti e’ principio di questa Corte regolatrice che la regola della non assoggettabilita’ della fattispecie di contrasto fra dispositivo letto in udienza e motivazione della sentenza ad una interpretazione correttiva o alla correzione ex articolo 287 c.p.c. non e’ regola di portata assoluta e generale, subendo una doverosa deroga – anche nel processo del lavoro – ogni qual volta le parti possano riscontrare agevolmente che si sia in presenza di un errore materiale dalla mera lettura del dispositivo, avendo riguardo all’intero suo contenuto e ponendolo in relazione agli atti processuali a conoscenza delle parti stesse (V. Cass. 16 maggio 2003 n. 7706, Cass. 15 aprile 2004 n. 7200 e Cass 17 marzo 2006 n. 5894).

Nella specie il contrasto tra il dispositivo letto in udienza nel quale “in riforma della gravata sentenza” viene rigettata ” la domanda di (OMISSIS)” e la motivazione in cui viene dichiarata “la legittimita’ della sanzione disciplinare inflitta al (OMISSIS)” precisandosi che “in tal senso deve intendersi la dizione rigetta la domanda di (OMISSIS) impropriamente utilizzata in dispositivo per mero errore materiale” non configura un ipotesi d’insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione che da luogo alla nullita’ della sentenza atteso che le parti possono, nella specie, agevolmente riscontrare che si e’ in presenza di un mero errore materiale poiche’ si desume dallo stesso dispositivo posto in relazione agli atti processuali che, ancorche’ nel dispositivo si faccia riferimento al rigetto della domanda del (OMISSIS) la Corte del merito ha inteso sostanzialmente affermare la legittimita’ della sanzione disciplinare.

Tanto precisato passando all’esame della prima censura concernente la prospettata omessa valutazione in ordine all’addebito relativo alla mancata esecuzione dell’incarico di delimitare con i “defeco” la corsia di emergenza, osserva questa Corte che la censura e’ infondata.

Dalla motivazione della sentenza impugnata, invero, si evince che i giudici di appello hanno preso in considerazione, per un verso la contestazione afferente il mancato rispetto dei turni di riposo, e dall’altro tutti gli ulteriori episodi contestati e, quindi, anche quello relativo alla predetta mancata esecuzione dell’incarico di delimitare con i “defeco” la corsia di emergenza.

La seconda critica, con la quale si denuncia la mancanza di qualsiasi riferimento alla contrattazione collettiva ovvero al codice disciplinare per poter assumere la gravita’ dei fatti addebitati, e’ infondata perche’ non e’ necessario ai fini della valutazione della proporzionalita’ della sanzione conservativa la previsione, nella contrattazione collettiva o nel codice disciplinare, della gravita’ dei fatti addebitati essendo tale verifica, in assenza, come nella specie, di allegazione circa la predisposizione di un codice disciplinare ovvero di una previsione nel contratto collettivo, rimessa alla valutazione del giudice del merito che a tale scopo correttamente fa riferimento alla gravita’ intrinseca dei fatti addebitati ed alla pluralita’ degli stessi.

La terza censura, relativa all’assunto secondo cui gli operai in servizio di manutenzione non possono svolgere attivita’ di viabilita’, non puo’ essere accolta considerato che al riguardo la Corte del merito procede ad un accertamento di fatto – basato sulle dichiarazioni dei testi i quali hanno riferito che tutto il personale disponibile aveva l’obbligo di ottemperare alle chiamate – che in quanto sostenuto da congrua e log: motivazione e’ sottratto al sindacato di questa Corte.

Ne’ puo’ sottacersi che la contraria tesi sostenuta dal ricorrente si risolve in una mera contestazione non supportata da alcuna specifica allegazione contrattuale non valutata dalla Corte del merito.

Il quarto motivo, con il quale si assume che la Corte territoriale erroneamente non ha dato rilievo al foglio di turnazione e non ha tenuto conto che lo stesso non e’ stato disconosciuto con querela di falso, non e’ esaminabile non avendo parte ricorrente depositato, a norma dell’articolo 369 c.p.c., n. 4, il documento di cui trattasi. Ne’ risulta indicato, ex articolo 366 c.p.c., n. 6 in quale atto processuale siffatto documento e rinvenibile.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso in conclusione va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in euro 100,00 per esborsi ed euro 3000,00 per compensi oltre accessori di legge.